La cattiva abitudine di rinviare

“Appena risolverò quella situazione smetterò di fumare” “Questo weekend mangerò molto ma da lunedì… dieta” “Mancano ancora 20 giorni all’esame, divertiamoci ora”

La tendenza a posticipare l’esecuzione di un compito importante per impegnarsi in azioni meno rilevanti ma più piacevoli, costituisce sempre più spesso un problema per le persone.

Inizia così, poi ci si ritrova a sentirsi impossibilitati a portare a termine qualcosa ripromettendosi più e più volte di farlo il giorno dopo e poi….

Tranquilli non siamo tutti dei procrastinatori seriali!

“Che noia!”

Può capitare che un individuo abbia problemi di organizzazione solo in un’area della sua vita e magari, per compiti che gli risultano particolarmente monotoni o sgraditi. In tal caso potremmo parlare di pigrizia o rigetto per attività che, tutto sommato, risultano tediose, ma che non comportano gravi disagi o conseguenze per la serenità della persona.

Attenti alla tendenza a evitare

I problemi cominciano a presentarsi quando la procrastinazione diventa uno stile di vita, una modalità per affrontare qualsiasi impegno o scadenza. In questi casi, il costante rinviare diventa un escamotage per evitare di confrontarsi con i propri limiti.

Pur di sfuggire alle angosce che ciò comporta si tende a evitare e si elaborano perciò delle “giustificazioni”, delle situazioni di ripiego come impegnarsi in attività di minor importanza e dall’esito più certo. Questa è l’unica via per evitare il senso di colpa che deriva dalle conseguenze del “non fare”.

Pur comprendendo che ci saranno delle ripercussioni dovute alla tendenza a posticipare, il procrastinatore non riesce ad immaginarsi nel futuro e ha poco chiari gli obiettivi che vuole raggiungere, questo ovviamente limita la sua possibilità di ragionare su eventuali alternative da percorrere per arrivare alla meta.

Molti autori hanno studiato la problematica cercando di individuarne caratteristiche, cause e modalità.

Solomon e Rothblum nel 1984, hanno individuato due tipi di procrastinatori:

Il procrastinatore “rilassato” e il procastinatore “preoccupato”.

Il procastinatore “rilassato” si riferisce a colui che evita tutti i compiti che vengono percepiti come incombenti o noiosi, ma esplora con interesse tutte le attività che lo appassionano. Il problema è che, calato l’entusiasmo iniziale, non raggiunge alcun obiettivo in nessuna delle attività intraprese;

Il procrastinatore “preoccupato” è come bloccato da paure e idee irrazionali che non gli consentono di agire. Solitamente si presenta in persone con scarsa fiducia nelle proprie capacità e con difficoltà nella gestione dello stress.

La procrastinazione è dunque connessa alla personalità dell’individuo e al suo modo di ragionare: chi è abituato a standard elevati, potrebbe avere paura di portare a termine qualcosa che non corrisponde alla sua immagine di perfezione, il quale è così insicuro delle proprie capacità che preferisce rimandare. Altri, invece, sono spaventati dall’insuccesso e per questo rinviano all’infinito le cose che vorrebbero fare per il timore di fallire.

Paradossalmente c’è anche chi rimanda perché teme il successo.

Sono persone che inconsciamente credono di non meritarselo. Altre volte l’abitudine inveterata a rinviare potrebbe essere dettata dalla voglia di ribellarsi alle aspettative altrui vissute come insostenibili.

Un ulteriore distinzione va fatta rispetto ai compiti.

Trovarsi a dover affrontare attività che hanno una data di scadenza permette al procrastinatore di avere un preciso lasso di tempo da rispettare, quindi può “perdere tempo quanto vuole” ma alla fine dovrà comunque produrre qualcosa.

La situazione si complica quando il compito da svolgere non ha una data di scadenza, in questo caso si corre il rischio di rimandare perennemente o addirittura di non cominciare neppure. Ad esempio sposarsi, iniziare una dieta, iniziare a fare sport, trovare un nuovo lavoro, aprire un’attività in proprio…

Questo tipo di procrastinazione può generare a lungo termine rimpianti e sensi di colpa per ciò che non si è mai portato a termine.

E’, dunque, evidente che le conseguenze della procrastinazione possono condurre ad esiti diversi: da piccoli problemi nella gestione della vita quotidiana, a disagi relazionali e lavorativi, fino a percepirsi come gravemente incapaci di decidere del proprio futuro e di assumersi le proprie responsabilità.

Ma c’è una buona notizia!

La procrastinazione non è necessariamente un male, molti infatti hanno messo in luce i vantaggi che questo modo di fare comporta.

Per Adam Grant, psicologo statunitense, l’abitudine a rinviare è connessa alla creatività.

Solitamente, quando dobbiamo svolgere un compito o trovare una soluzione ad un problema, formuliamo delle idee, ma sembrerebbe che le prime a cui pensiamo, siano anche le più banali, mentre procrastinare potrebbe permetterci di essere aperti a nuove ipotesi. Incrociare per coincidenza qualcosa di insolito e originale ci può portare inaspettatamente a risultati innovativi e singolari.

Secondo Anna Abramowski, psicologa britannica, le persone che “procrastinano attivamente dimostrano un certo livello di fiducia in se stessi e di autonomia, perché sono consapevoli del rischio di sottoporsi a pressioni dell’ultimo minuto, e nonostante questo lo fanno lo stesso. Il che può essere una buona cosa, perché stimola la creatività e permette loro di impegnarsi in più attività allo stesso tempo”.

 Secondo l’autrice, possiamo rivolgere in positivo un’abitudine che molto spesso ci porta svantaggi e preoccupazioni e trarre invece, anche qualche vantaggio.

Alcuni di questi sono: dare più attenzione ai dettagli;

acquisire strumenti migliori per portare a termine il compito (difatti durante il tempo impiegato a procrastinare si possono imparare, anche in maniera accidentale, nuove abilità);

fare cose che normalmente non si farebbero;

elaborare approcci nuovi e più creativi.

Inoltre, quando si decide di portare a compimento ciò che è stato fino a quel momento rimandato, la pressione della scadenza permette di concentrarsi unicamente su quel compito rendendoci più produttivi.

La felicità non ha peso

A cosa l’uomo “non può rinunciare”? Sicuramente l’essere umano per sopravvivere ha la necessità di soddisfare i suoi bisogni fisiologici primari: respiro, alimentazione, sesso, sonno, omeostasi.

Alcuni tra questi bisogni, oltre ad essere necessari per la conservazione della specie, sono legati a delle emozioni, ad esempio il sesso e il cibo sono connessi alla sensazione di piacere. Inoltre le modalità con le quali questi piaceri vengono soddisfatti sono molto spesso legati alla cultura di appartenenza e al periodo storico in cui si vive.

Può dunque succedere che il “modo” di mangiare o di soddisfare altri bisogni dia informazioni rispetto la nostra provenienza, i nostri rituali, rispetto le mode dei nostri tempi… Ad esempio in Giappone fare piccoli sonnellini durante l’ora Leggi tutto “La felicità non ha peso”

Il lavoro mobilita l’uomo

La società odierna è caratterizzata da gravi problemi lavorativi che toccano da vicino moltissime persone tra disoccupati, cassaintegrati, inoccupati, sottoccupati, tale condizione pone giovani, adulti e anziani in una situazione di malessere psicofisico dovuto alla precarietà che sembra essere ormai una condizione, oltre che una difficoltà sociale.

La nostra costituzione riconosce il lavoro come un diritto oltre che un dovere. Leggi tutto “Il lavoro mobilita l’uomo”

Vivete la vita in larghezza

“Il tempo senza emozioni è solo un orologio”. Dice bene Luciano De Crescenzo che in maniera simpatica ci spinge a riflettere su un argomento molto delicato.

Esistono infatti molti modi di vivere, alcune persone ad esempio, sembrano rimanere eccessivamente ancorate al passato, altre invece troppo proiettate al futuro. In entrambi i casi se non si matura un equilibrio si rischia di perdere il presente. Stanislaw Jerzy Lec scrive: Leggi tutto “Vivete la vita in larghezza”

La psicologia dei social

La nostra vita è ormai legata allo smartphone: mentre siamo a lavoro, in gita  con il nostro partner, al matrimonio di una vecchia cugina o quando impostiamo il navigatore per muoverci in posti sconosciuti, siamo perennemente connessi anche con il mondo esterno.
Controlliamo in maniera ripetuta e costante il nostro dispositivo tecnologico, per vedere se si riceve un messaggio, un’e-mail o un aggiornamento di stato che riguarda il proprio social network preferito. Le nuove tecnologie sono entrate a far parte della vita quotidiana di ognuno di noi.
Quindi quale posto migliore per entrare in contatto con gli utenti se non internet? Leggi tutto “La psicologia dei social”